Il castello delle ombre a cura di Vito Attolini |
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Le recensioni di Vito Attolini |
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Harry Potter and the Goblet of Fire
Interpreti:
Daniel
Radcliffe, Emma Watson, Rupert Grinn, Maggie Smith, Robie Coltrane, Michael
Gambon, Ralph Fiennes – USA, 2005
Di
Potter in Potter assistiamo in diretta alla crescita degli ormai ex
piccoli maghi. Avevamo appena lasciato, ancora ragazzini Harry,
Hermione e Ron, i tre diligenti allievi della scuola di magia di
Hogwarts, e ce li ritroviamo adolescenti in questa quarta parte della
saga potteriana (divertente, ma soprattutto generosa di sterline per
l’autrice dei romanzi e derivati): i ragazzi con un abbozzo di pomo
d’Adamo e la fanciulla già consapevole della sua femminilità. E
con il passare degli anni insorgono i primi nonsoché, le prime
palpitazioni, i primi indistinti pruriti. Che faranno i nostri tre
eroi nella prossima puntata? Pubblicizzato
anche dalla critica come il migliore dei quattro film (i primi due
diretti da Chris Columbus, il terzo
da Alfonso Cuaròn, quest’ultimo dall’inglese Mike Newell) in
realtà Harry Potter e il calice
di fuoco è più o meno di pari valore, apprezzato soprattutto dai
ragazzini che hanno la stessa età dei giovanissimi protagonisti della
storia. Il versante dark e goticheggiante, altrettanto pubblicizzato,
era rintracciabile pure nei tre precedenti, anche se qui vi ha forse
una parte maggiore. Ma, a proposito della vena horror, ci vuole ben
altro per spaventare i tre
amichetti, perché Harry conserva la sua flemma tipicamente inglese
(nonché gli occhialini tondi) anche nei momenti più difficili
(soltanto i sogni che si trasformano in incubi – vedi quello del
serpentone che si intrufola nella sua stanza in apertura del film –
riesce a farlo sudare freddo), sicché Emma e Ron contano molto sulla
sua efficienza e vocazione alla vittoria. Essendo giunti a una considerevole abilità stregonesca i tre hanno poco da imparare ancora, sebbene il loro arrivederci al prossimo anno accademico, nel finale del film (arrivederci anche per gli spettatori rimandati alla prossima puntata) ci fa pensare che seguiranno un corso di perfezionamento o un master. Eppure Harry ha dato prova di essere abbastanza edotto nelle relative discipline, tanto è vero che nella megasfida dei tremaghi su cui è incentrata la vicenda del quarto episodio potteriano, promossa da tre scuole di magia rappresentate dal rispettivo campione, è anche lui che porterà alte le insegne del suo college di Hogwarts. La tenzone comporta tre prove difficili: un confronto col drago, una nuotata fuori stagione, l’attraversamento di un labirinto. Harry riesce a farcela fra l’entusiasmo dei suoi compagni di corso anche nella più pericolosa delle tre, la gara col perfido Voldemort, che, nella prima puntata della saga, gli ha ucciso i genitori.
Alla
scuola di Hogwarts i severi studi di magia si aprono a qualche pausa
ristoratrice: come il gran ballo che un’università che si rispetti
organizza ogni anno per il gaudio della scolaresca,
assecondata, visto che è in età adolescenziale, nei primi
soprassalti del cuore: ben controllati da Harry, ma un po’ meno dal
timido e imbranato Ron quando si accorge di essere oggetto dei
maliziosi sguardi delle coetanee (che in tal campo sono naturalmente
più esperte). Ad esaltare il già esaltato versante fantastico del
film provvedono le numerose e strabilianti scene che lo costellano
passo passo: l’arrivo dei muscolosi rappresentanti di una delle tre
scuole su un veliero che si inabissa nel profondo del mare per
riemergerne come per magia (appunto!), le sfidanti francesi con
divisa, che scendono dall’alto di cocchi volanti trainati da
ippogrifi, un oscuro e minaccioso labirinto che non fa desistere Harry
dal confrontarsi con l’avversario e via di questo passo, per la
gioia dei più piccoli e lo stupore dei più grandi. Il
cast, oltre ai tre giovani pilastri della serie, annovera un gruppo di
validi e noti attori, in parte già apparsi prima: ma, ad eccezione
della segaligna Maggie Smith,
è quasi un rebus individuare sotto il sapiente trucco le sembianze di
Michael Gambon o Alan Rickman o Ralph Fiennes, se non si legge
attentamente il cast.
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©2006 Vito Attolini; recensione pubblicata in "La Gazzetta del Mezzogiorno"