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Medioevo al femminile


Vision

(Vision - Aus dem Leben der Hildegard von Bingen)

2009, regia di Margarethe von Trotta

 

    

Scheda: Nazione: Germania-Francia - Produzione: ARD Degeto Film, Celluloid Dreams, Clasart Film + TV Produktions, Concorde Filmed - Distribuzione: Concorde Filmverleih GmbH, Cinemien, ABC Distribution, Homescreen - Sceneggiatura: Margarethe von Trotta - Fotografia: Axel Block - Montaggio: Corina Dietz - Art Direction: Margarethe von Trotta - Scenografia: Heike Bauersfeld - Costumi: Ursula Welter - Musiche: Christian Heyne, Hildegard von Bingen - Effetti speciali: CA Scanline Production Gmbh  - Formato: Color - Durata: 110'.

Cast: Barbara Sukowa, Heino Ferch, Hannah Herzsprung, Gerald Alexander Held (Alexander Held), Lena Stolze, Sunnyi Melles, Paula Kalenberg, Annemarie Düringer, Devid Striesow, Mareile Blendl, Vera Lippisch, Tristan Seith, Nicole Unger.


 


 

 

 

   

Trama e commenti: cinematografo.it - mymovies.it - movieplayer.it - alcinema.org - plateamedievale.splinder.com - cinezapping.com - cinema.ilsole24ore.com - libreriadelledonne.it: «Filosofa, scienziata, scrittrice, poetessa e musicista, Hildegard von Bingen, badessa benedettina, tra le figure più rilevanti della cultura tedesca del Medioevo. Chi se non Margarethe von Trotta poteva rievocarla e farne un'eroina moderna? Vision, passato ieri in concorso al Festival di Roma, è un progetto elaborato negli anni '80 dalla regista del nuovo cinema tedesco (Il caso Katharina Blum, '75, Anni di piombo, '81, Rosa Luxemburg, '85, Rosenstrasse, 2003) e mette in scena la visionaria dell'anno Mille con l'intensità espressiva di Barbara Sukowa, la sua attrice cult. Dietro il mantello da madonna, corazza contro il mondo dei poteri ecclesiastici, si sprigiona la forza di Hildegard, seducente e liberatoria nella relazione sentimentale (contrastata) con la giovane monaca Richardis von Stade (Hannah Herzsprung) e nella ribellione al clero cattolico. Von Trotta libera il genere claustrale, racconta leggera e appassionata una "storia d'amore", la sua per Hildegard, che ricambia, mistica e profetica, ma solidamente anticonformista nel convento di Disibodenberg. Non piace ai prelati la sua creatività "demoniaca", la sua "musica inaudita", il linguaggio segreto che riempie volumi e volumi di opere filosofiche, di medicina alternativa, musica, teatro e perfino di studi sul sesso. Hildegard vorrà un convento tutto per sé e la vediamo costruire insieme alle monache il magnifico "castello" che sarà il monastero di Rupertsberg. Il suo regno, dove inscena opere in costume, circondata dalle sorelle vestite di veli e gioielli, trasgressiva e dominante nelle relazioni privilegiate con nobili e vescovi. "Nel Medioevo - ha dichiarato ieri la regista nell'incontro con la stampa - dove le donne non avevano il diritto di aprire bocca, ecco che compare una donna che dice: Dio vuole parlare attraverso di me... Questo era un grande dono. Dopo tanti film su donne della storia contemporanea, ho voluto andare nel passato, oggi Hildegard sarebbe una specie di Rosa Luxemburg". Ma c'è un'altra donna proveniente da un passato meno remoto che Margarethe von Trotta non è riuscita a mettere in primo piano, Hannah Arendt. I produttori "non sapevano chi fosse", ovvero "la banalità del male" (la buona notizia è che girerà un film di una serie prodotta da Claudia Mori contro la violenza sulle donne). La censura perseguita di secolo in secolo e di millennio in millennio le agenti del disordine maschile, e viene in mente il caso di Hypatia, astronoma e filosofa di Alessandria, protagonista del bellissimo kolossal spagnolo di Ajandro Amenabar, Agorà, presentato a Cannes 2009, distribuito in tutto il mondo tranne che in Italia. Hypatia fu lapidata dagli integralisti cristiani ed è meglio non farlo sapere al paese del papa. Le visioni di luce di Hildegard invece strapperanno il velo e la consacrano quasi santa (il processo di canonizzazione, guarda caso, non giunse mai a compimento). Più superwoman nel film di Margarethe von Trotta, la badessa eccentrica ha una materialità forte, i suoi "contatti divini" sono risolti nella dimensione dell'intuizione e della sapienza, "Avrei avuto bisogno di un grande videoartista. - dice la regista - Ma non avevamo abbastanza soldi". Allora, è sola, un lampo folgorante l'effetto speciale dell'aldilà, poi ritorno sulla terra, tra umorismo, passione e l'intrigo noir del monastero. Hildegard è assalita da lancinanti mal di testa ("anche l'epilessia provoca visioni" spiega la razionalista von Trotta, che assume le teorie del neurologo Oliver Sacks) e vede quelli che gli altri non vedono. Sente anche sinfonie celesti, e mette in scena, cantante d'opera tra le allegre suore, La schiera delle virtù, con tanto di prete-diavolo, il fedele Volmar (Heino Ferch) l'unico che la segue, beato tra le donne, nel monastero di Rupertsberg, in mezzo a una verdeggiante valle. Una sensualità transgender attraversa il film, nei corpi che sfuggono le vesti pesanti, i baci sulla bocca, la frenesia del monastero come un centro multiculturale, il rapporto di forza con il papato... Hildegard, la badessa filosofa, sceglierà alla clausura il viaggio, e passera "all'esterno-giorno" in sella al suo cavallo. Buona visione» (Il Manifesto, 22-10-2009, Mariuccia Ciotta).

Plot Summary, Synopsis, Review: IMDb - film.com - variety.com - cinenews.be - hollywoodreporter.com - critic.de - movies.ch - tiff.net - screendaily.com: «On the face of it, the life of a spiritual pioneer would seem to be an odd new wrinkle in the career of Margarethe von Trotta, whose historically entrenched dramas have tended to meld the personal with the political. Galvanized by a magnetic performance from her five-time collaborator Barbara Sukowa, however, this biopic of the mystic and maverick Benedictine nun Hildegard von Bingen makes for a surprisingly persuasive addition to von Trotta’s gallery of potent female protagonists. The challenge in finding a wide audience for this well-crafted effort, though, may have less to do with its resolutely straightlaced subject matter than a curiously flaccid resolution that generates less of an emotional punch than a tally of the film’s many effective scenes would seem to promise. Von Trotta begins her 12th century tale at its medieval grimmest, when, as a cloistered child, von Bingen bears witness to the ugly self-mortification rituals of her elders. Some 30 years later she ascends by popular demand to the role of magistra, at which point von Bingen (Sukowa) tries to disabuse the cloister’s monks and nuns of their whips, an enlightened outlook that is accompanied by a new emphasis on herbal medical practices. Benefitting perhaps from the brief honeymoon period accorded most newly elected leaders, von Bingen is given a considerable amount of leeway for her innovations. It is only when she professes to be a chosen conduit for the messages of God that she incites the suspicion of the monks, who accuse her of faking visions. And it’s not just the men who are threatened, a fact made painfully clear when von Bingen’s campaign to institute a separate residence for the nuns and monks is met with brickbats from some of the sisters, who resent being wrested from the comforts of monastery life. Von Trotta adds some welcome human-size texture to her potentially superhuman protagonist via a subplot involving a spirited 16-year-old (Herzsprung) who joins the sisterhood, claiming von Bingen as her mentor and developing a surrogate familial bond that manages to unseat them both. Herzsprung’s feline beauty and intensity provide a perfect foil for Sukowa, who makes her character’s impulses feel grounded and sane without ever being earthbound. She receives solid help as well from Ferch, who is quietly charismatic as a monk who becomes von Hingen’s biggest male supporter. Axel Block’s golden-hued photography takes maximum advantage of the film’s pastoral cloister settings, evoking eloquent contrasts between candlelit stone interiors and foresty exteriors. The production takes imaginative liberties in bringing to life its protagonist’s many accomplishments, including the premiere of the first-ever morality play, staged here with a spare theatricality that makes it seem more of-the-moment than the movie surrounding it».

  

Vedi anche, nella rubrica Sire ut, fa mi re!, di Olimpia Amati: La Sibilla del Reno. Viaggio nell'incredibile storia della "santa" Ildegarda; nella rubrica Personaggi del Medioevo, di Michela Pereira: Ildegarda di Bingen

 

   


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