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Seconda visione a c. di G. Pellecchia |
LA SCHEDA DI IL MESTIERE DELLE ARMI
Giovanni de’ Medici (detto Giovanni dalle Bande Nere) è il capitano di ventura protagonista de Il mestiere delle armi. Il film, che si basa sulla lettera di Pietro Aretino sulla morte di Giovanni de’ Medici e sulla Istoria d’Italia di Francesco Guicciardini, ha una struttura circolare: un lungo flashback che inizia con Giovanni dalle bande nere ferito e ricoverato nel palazzo del duca di Mantova, dove muore e nella cui città si celebrano i funerali. Da qui sono ripercorse le varie fasi della operazioni militari che Giovanni de’ Medici intraprende contro i lanzichenecchi per evitare che essi giungano a Roma. è durante queste operazioni che il condottiero è ferito da un falconetto (specie di cannoncino) donato ai lanzichenecchi dal duca di Ferrara Alfonso d’Este. La ferita si trasformerà in cancrena e per Giovanni dalle bande nere sarà la fine, con i solenni funerali delle sequenze di apertura. Fin dal titolo si intuisce che l’avvento delle armi da fuoco è
destinato a cambiare il modo di fare la guerra (il “mestiere delle
armi”), come del resto aveva già compreso e dibattuto la
trattatistica di età rinascimentale, Machiavelli in testa Una lettura più attenta del film rivela che, in realtà, i problemi non
sono la fine del modo di combattere ispirato ad un’etica
“cavalleresca” e la condanna della politica di intrighi che
caratterizza i principi italiani fra XV e XVI secolo. Al contrario, i
veri problemi sono l’adeguamento delle milizie alle nuove armi e
l’avvento degli stati nazionali, qui nella dimensione “mostre”
dell’impero di Carlo V. L’uso sempre più diffuso delle armi da
fuoco (grazie a continui progressi tecnologici) e l’avvento di forti
monarchie nazionali sembrano veramente aprire un’altra epoca. Se, dunque, si guarda con più attenzione il film, si nota che se è
vero che le armi da fuoco stanno iniziando a stravolgere il
tradizionale “mestiere delle armi” è altrettanto vero che gli
stati regionali italiani e i capitani di ventura sono
fortemente interessati a tale novità. Osserviamo, infatti, cosa
accade nel film, che per giunta riprende Giovanni dalle Bande Nere chiede ad Alfonso d’Este, duca di Ferrara,
alcuni falconetti (realizzati a Ferrara) per meglio fronteggiare
l’armata dei lanzichenecchi. Alfonso d’este risponde negativamente
e invia segretamente i falconetti ai
lanzichenecchi.. Come si vede, sono già attivi nella fabbricazione di
nuove armi e lo stesso Giovanni sa che non se ne può fare a meno;
anzi, ritiene le armi da fuoco uno strumento strategico. Del resto,
egli stesso deve il suo soprannome (Bande Nere) all’aver fatto
adottare alle sue truppe delle
armature con bande nere, in modo da renderle riconoscibili: uno dei
primi passi verso la formazione di un esercito di tipo “moderno”. Dunque, tutta la trattatistica rinascimentale sul “mestiere delle
armi” prende atto dell’inarrestabile mutamento in corso e
idealizza il tradizionale modo di combattere, un po’, per altri
versi, come aveva fatto la letteratura cavalleresca, che aveva
idealizzato un modo passato. Nel film questo aspetto è rinvenibile
nelle sequenze in cui nelle fasi successive al ferimento i principi e
i generali italiani (Giovanni dalle Bande Nere compreso) commentano
negativamente l’uso delle armi da fuoco, che ucciderebbero “il
mestiere delle armi” ed i connessi valori di coraggio e lealtà (in
sintesi, l’etica cavalleresca) sui quali si misura il coraggio di un
guerriero. Questo attaccamento ai valori porterà i principi italiani
a stipulare un accordo in cui rinunciano all’uso delle armi da
fuoco. Ma tale accordo è semplicemente un attaccamento al passato,
una non accettazione del fatto che le armi da fuoco, inesorabilmente,
stanno cambiando i metodi di guerra e, forse, mettendo in crisi i
vecchi ideali. Anche per quanto riguarda il piano della politica, è necessario andare
oltre una prima percezione di politica italiana caratterizzata da
intrighi e opportunismi. Lo stesso Giovanni, nelle battute iniziali
del film, condanna tale aspetto commentando negativamente il suo tempo
come “tempo della politica”. Anche in questo caso, si assiste,
nella realtà storica, agli “ultimi fuochi” del tradizionale modo
di fare politica degli stati italiani. Lo stesso Giovanni ne è parte
integrante, sia perché ne conosce i meccanismi e vi si infila –
ricordiamo che Machiavelli condannò l’uso delle milizie mercenarie
– sia perché proviene da una famiglia che dell’equilibrio fra le
rivalità aveva fatto la sua fortuna: Lorenzo de’ Medici, anzitutto,
e poi i papi Leone X e Clemente VII (fratello di Giovanni). Passando al comportamento dei principi, esso è ispirato da una chiara
salvaguardia del proprio potere territoriale, a costo di violare
alleanze e giuramenti. Inoltre, come si vede nel film, la cessione
segreta dei falconetti alle truppe di Carlo V da parte di Alfonso
d’Este e l’altrettanto segreta concessione di passaggio alle
medesime truppe da parte del duca di Mantova (presso il quale, poi,
troverà ricovero e morirà Giovanni), mentre tale passaggio è negato
agli uomini di Giovanni de’ Medici, sono la presa d’atto che è
opportuno mostrarsi accondiscendenti verso un potere imperiale che mai
era stato così grande e forte e, per converso, spia della debolezza
degli stati regionali italiani nei confronti delle monarchie italiane.
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©2008 Gaetano Pellecchia