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MAGNIFICAT
1993, regia di Pupi Avati
Scheda: Nazione: Italia - Produzione: Duea Film, Instituto Luce, Penta Films, Union P.N. - Distribuzione: Instituto Luce, San Paolo - Soggetto: Pupi Avati - Sceneggiatura: Pupi Avati - Fotografia: Cesare Bastelli - Montaggio: Amedeo Salfa - Scenografie: Giuseppe Pirrotta - Costumi: Sissi Parravicini - Musiche: Riz Ortolani - Formato: Panoramica Color - Durata: 95' (110').
Cast: Luigi Diberti, Arnaldo Ninchi, Massimo Bellinzoni, Dalia Lahav, Lorella Morlotti, Massimo Sarchielli, Brizio Montinaro, Marcello Cesena, Consuelo Ferrara, Mario Patanè, Rosa Pianeta, Lucio Salis, Sofia Spada.
Trama e commenti: cinematografo.it - kataweb.it - mymovies.it - film.spettacolo.virgilio.it - it.wikipedia.org - cinemaitalia.com - it.movies.yahoo.com: «Sotto gli spalti di un castello medievale del decimo secolo, per ordine del signore del luogo, viene eseguita una feroce decapitazione in pubblico, ad opera di Folco, un impassibile boia, assistito da Baino, un giovane non ancora indurito, ma accuratamente scelto fra tanti come apprendista boia. In seguito, nel corso di una agghiacciante esercitazione di apprendistato, il giovane deve assistere, inorridito, a una seconda atroce esecuzione, che tocca questa volta a una giovane vagabonda ritenuta strega. Dopo tale "preludio" i due s'incamminano verso il convento della Visitazione, il convento del Magnificat appunto, che domina silenzioso e isolato una lontana vallata. Verso la stessa meta si trovano incamminati per vie diverse e per diversi motivi altri pellegrini ... Tutti approdano a quel Convento come un'oscura ricerca, i cui momenti vengono scanditi dalle celebrazioni che si susseguono durante i giorni della settimana santa. Alla fine un qualche segno di vita e di liberazione viene percepito unicamente dalla giovane Margherita, la novizia forzata che sogna la libertà».
Plot Summary, Synopsis, Review: IMDb - entertainment.msn.com - allmovie.com - vh1.com - movies.aol.com - movies.yahoo.com - cinemovies.fr - iht.com: «Just your average, everyday, lighthearted romp through the fiefdoms, monasteries and dark superstitions of medieval Italy. Judging from the scope and setting, Pupi Avati probably intended this film to be his masterpiece. Instead, aside from a few isolated moments, Magnificat provides little that is memorable. Lacking both plot and protagonists, it drifts directionless from one inconclusive episode to another: An executioner instructs his newly enlisted apprentice; a young girl is sold by her family to the nearby monastery in exchange for fishing rights; a dying lord divides his lands among his three bastard sons. Avati and his crew have obviously done their homework in medieval studies; the best parts of Magnificat are the period costumes, customs and shibboleths. And there are more than enough dramatic elements to have generated a viable, engaging film. Unfortunately, Avati is undone by his own ambition. The fond, modestly meandering camera eye that he uses so poignantly in his modern films loses its acumen when aimed at the Middle Ages. The result is a film as flat as a newly laid romanesque mosaic floor» (Ken Shulman).
Approfondimenti: Movie Review
Dal sito pacioli.net: «Settimana santa del 926, Italia, Appennino centrale. Il boia Folco trova nel giovane Baino il suo nuovo aiutante, che inizia l' apprendistato assistendo a due terribili esecuzioni.Una ragazza che si reca al convento dove diventerà suora di clausura si porta dietro la bara per quando sarà morta.Una concubina spera di partorire un maschio che le assicuri la successione al trono, ma avrà una femmina. Il signore di Malfole va a morire accanto alla tomba della moglie. Un feudatario esercita solo simbolicamente lo jus primae noctis. Un fraticello gira da un convento all'altro prendendo nota dei defunti, per poi morire in solitudine.
In Magnificat alla grande Storia dei re e dei potenti si sostituisce la microstoria costruita su tanti tasselli di quotidianità che nel loro insieme vanno a costituire un affresco della società altomedioevale cinematograficamente piuttosto inedito. Avati rievoca una civiltà remota, dominata da un contraddittorio intreccio di religiosità e superstizione, di misticismo e violenza, popolata da un'umanità di sentimenti semplici ed elementari, serenamente rassegnata al dolore e alla sofferenza, adusa al contempo alla crudeltà e alla solennità del ritualismo simbolico, che convive con assoluta disinvoltura con la permanente presenza della morte (senza l'angosciosa rimozione di noi contemporanei). Sullo sfondo di questo arcaico scenario antropologico riproposto in base alla lezione della storiografia della scuola braudeliana (attenta alla dimensione del vivere quotidiano e non al grande evento) si inserisce la suggestione tipicamente avatiana del magico e del mistero (l'inatteso prodigio finale) e l'elegia mesta sulla solitudine umana (la morte del fraticello), ma soprattutto s'impone il tema (anch'esso centrale nella poetica del regista) dell'impatto della giovinezza (e dell'innocenza) con la cruda realtà del mondo (l'assistente del boia Baino e la fanciulla avviata al convento).
Avati rivisita il Medioevo sottoponendolo al filtro della propria sensibilità poetico-espressiva, improntata ad un tocco tenero e delicato e sempre rispettosa della specificità della nutrita tipologia dei personaggi (quasi sempre dolenti, marginali, solitari, bizzarri). L'umanità, apparentemente così distante da noi per consuetudine e mentalità, di Magnificat ci viene così restituita in una dimensione umana e morale che ce l'avvicina, generando un senso di compassionevole partecipazione alle sofferenze di cui è vittima. La verità storica (pure presente) si trasfigura, così, nelle scelte stilistiche con cui Avati ritrae quel periodo oscuro: la centralità del paesaggio rurale, dolce e severo insieme, che fa da sfondo a quasi tutti gli episodi, il gusto pittorico (il riferimento è all'elementarità dell'arte figurativa del primo Medioevo) che ispira la composizione interna delle inquadrature, il dilatarsi temporale delle immagini (specie dei primi piani) quasi a voler carpire da esse un qualche significato nuovo, l'atmosfera di magica sospensione che avvolge più di una situazione, la narrazione minimalista ed ellittica, il trapelare attraverso uno sguardo apparentemente impassibile e distaccato rivolto alla realtà di un atteggiamento di affetto e simpatia».