|
testo di Anna Di pasquale |
|
LA SPADA NELLA ROCCIA
(The Sword in the Stone)
di Wolfgang Reitherman, 1963
|
La spada nella roccia fa iniziare il suo racconto con la leggenda classica, quella del re d'Inghilterra che muore senza eredi e con la spada che appare magicamente per porre fine alle battaglie per il trono. Colui che riuscirà ad estrarre l'arma dall'incudine (e non dalla roccia, in realtà), sarà re per volere divino. Negli anni nessuno riesce. In un castello in rovina vive Sir Ettore, nobile decaduto che si prende "magnanimamente" cura dell'orfano Semola. Il piccolo, in realtà, è trattato alla stregua di un servo. Durante una battuta di caccia al fianco di Caio, Semola finisce col perdersi nel bosco e qui trova ad aspettarlo il Mago Merlino. L'anziano uomo lo prende sotto la sua protezione e inizia ad insegnarli tutto il necessario per farne un sovrano. Per fare ciò si trasferisce al castello di Sir Ettore dove gli viene assegnata la stanza degli ospiti, ovvero la peggiore dell'intero edificio. Il massimo delle aspirazioni di Semola si risolve in una vita da scudiero, Merlino, però, cerca e trova in lui la tempra di un re. Non gli insegna a destreggiarsi con la spada, preferisce spiegargli le difficoltà che affronta uno scoiattolo nella foresta, un pesce nell'acqua, un uccellino nell'aria, e il modo migliore per capirlo è... provare. Merlino, maestro di arti magiche, trasforma Semola a suo piacimento e lo mette davanti a situazioni più o meno rischiose, dalle quali c'è sempre da imparare. Il pericolo maggiore arriva quando il giovane giunge alla capanna di maga Magò, strega che ha nella cattiveria ha la sua ragione di essere. Il suo obiettivo primario sembra essere contrastare Merlino e le sue teorie. Quando le capita tra le mani Semola, la sua intenzione è di distruggerlo. Quando il mago lo scopre ha inizio un duello di magia in cui la strega e Merlino cercano di annientarsi a vicenda a colpi di metamorfosi. Merlino ha la meglio, naturalmente. E la spada nella roccia? Semola la trova per caso, quando nei panni di scudiero del suo fratellastro Caio, ne perde l'arma e ne trova una sostitutiva davanti ad una chiesa. Si tratta di una vecchia spada abbandonata che giace infilata in un'incudine. Semola l'afferra e l'estrae senza fatica. L'Inghilterra ha un nuovo re! Il film d’animazione La spada nella roccia ruota intorno alla figura leggendaria di re Artù. Monarca ideale, appartenente alla mitologia della Gran Bretagna, Re Artù è ancora oggi un personaggio sulla cui esistenza si continua a discutere. C’è chi ritiene che abbia vissuto nel tardo V secolo o agli inizi del VI secolo, che fosse stato d'origini britoromane, e che avesse combattuto contro il paganesimo sassone; chi afferma che i suoi probabili quartieri generali si trovassero in Galles, Cornovaglia, o ad ovest di ciò che sarebbe diventata l'Inghilterra. La stessa nascita di re Artù è avvolta dalla leggenda, la quale racconta che Mago Merlino permise a Uther Pendragon, re di Britannia, di giacere con la bella Igerna, trasformando i suoi lineamenti in quelli del marito di lei. Merlino pretese che, in cambio dell'incantesimo, Re Uther gli consegnasse il bambino non appena fosse nato. Al momento della nascita, Merlino reclamò il neonato e lo affidò ad una famiglia per allevarlo. Ma il mago aveva grandi progetti per il piccolo, che infatti, apparentemente per caso divenne Re di Britannia, dopo essere riuscito a estrarre la Spada nella Roccia.
Fin qui la leggenda arturiana, ma la leggenda della spada nella roccia si intreccia in maniera decisamente affascinante con la reale presenza di una spada conficcata nella roccia presente nella Rotonda di Montesiepi, presso Chiusino: siamo nella Toscana del XII secolo, poco lontani da Siena. Qui, nel 1148, nasce Galgano Guidotti. Galgano Guidotti da Chiusdino, dapprima giovane scapestrato, a 33 anni ebbe in sogno una visione di san Michele. Si fece cavaliere, ma dopo una seconda visione divenne infine eremita in una capanna a pochi chilometri dal suo paese natale. Qui, in segno di rinuncia alla violenza, Galgano conficcò la spada nel terreno – con gesto simmetrico e opposto a quello arturiano - adorandola come croce. In seguito compì alcuni miracoli, e dopo soli undici mesi morì (1181). Dopo questo evento, della figura e del mito di san Galgano si appropriarono i Cistercensi, che si stavano espandendo in tutta Europa, i quali si insediarono dapprima nella Rotonda, ed eressero dal 1218 la vicina Abbazia. In questo modo essi ricondussero nell’ambito ufficiale della Chiesa un culto eremitico che in quelle zone era già forte anche per la presenza di un altro eremita, san Guglielmo, morto nel 1157 nella vicina Malavalle. La figura di san Galgano sembra rappresentare un punto centrale dell’epoca. Da san Bernardo di Chiaravalle, combattente per la fede, ispiratore della II Crociata, si passa per Galgano, cavaliere che rinuncia alla violenza conficcando la spada nel terreno, per arrivare al misticismo di san Francesco, nato nell’anno in cui Galgano muore. Troppe sembrano essere le coincidenza tra san Galgano – o la sua leggenda e l’agiografia - e alcuni elementi del ciclo epico bretone che si andava diffondendo in Europa esattamente in quegli anni. Quasi sicuramente, i Cistercensi sfruttarono alcuni elementi della figura del Santo adattandole alle leggende e alla letteratura del tempo. Ma il collegamento tra Galgano e la materia arturiana è forse più diretto di quanto si possa pensare. I trovatori, che portarono in Europa le leggende arturiane (e uno dei Cavalieri della Tavola Rotonda si chiamava Galvano) trovavano mecenatismo soprattutto presso la corte di Aquitania. Guglielmo X d’Aquitania, trovatore egli stesso, nel 1137 sparì durante un pellegrinaggio. Molte biografie assicurano che egli si trasformò proprio in Guglielmo di Malavalle, l’eremita, trasferitosi in quella zona tredici anni più tardi. Guglielmo X era padre di Eleonora d’Aquitania, prima sposa a re Luigi VII di Francia, e poi – ripudiata per non avergli dato un erede maschio – moglie di Enrico d’Inghilterra, e con lui madre di otto figli (tra i quali Riccardo Cuor di Leone e Giovanni Senza Terra). Potrebbe essere stato Guglielmo a portare il simbolo della Spada nella Roccia proprio in quel luogo e in quegli anni? La figura di Galgano è ancora in parte un enigma. Mentre delle vicende dei Cistercensi, dalla costruzione della grande abbazia in poi, si sa quasi tutto garzie alle precise documentazioni dei monaci, san Galgano emerge dalle nebbie della leggenda. Del processo di canonizzazione possediamo solo una trascrizione cinquecentesca, mentre sulla vita del santo il documento più antico è la trascrizione quattrocentesca di un codice del XIII secolo. La Disney racconta, però, la storia di Artù in modo assolutamente insolito, ritraendolo negli anni della sua infanzia, come un ragazzino dinoccolato e maldestro, ben lontano dai canoni del guerriero forte e temibile. La spada nella roccia sfrutta, per così dire, la suggestiva e affascinante leggenda arturiana, adattandola al pubblico cui si rivolge (quello dei bambini, appunto), donde la scelta di rappresentare Artù bambino per consentire una migliore immedesimazione da parte dello spettatore.
La vera protagonista di tale film è la magia, che connota fortemente l’immagine di Medioevo che ne deriva; magia di cui è veicolo la divertente figura di mago Merlino, diverso dal personaggio canonico di mago minaccioso, proprio della tradizione, qui ritratto come mago buffo e talvolta maldestro. Egli diventerà il mentore assoluto del piccolo Semola (così chiamato per il colore dei capelli) forgiandone il carattere e insegnandogli che il bene trionfa sul male. Soprattutto Merlino insegna a Semola che l’intelligenza vince sui muscoli sottoponendolo a vere e proprie prove. Trasformato in un pesciolino, Semola con astuzia si libera dalle grinfie di un luccio che lo insegue; sotto le mentite spoglie di uno scoiattolo, Semola subisce le trappole amorose di una scoiattolina innamorata, dalla quale poi si affranca; nei panni di un uccellino, egli finisce nelle mani della temibile maga Magò e in tal caso si rende ancora una volta necessario il provvidenziale aiuto di Merlino. Corredato di intelligenza e delle sue affinate arti magiche, mago Merlino si troverà a fronteggiare, con successo, maga Magò, che rappresenta “il lato oscuro della forza”, colei che usa i poteri non per il bene, ma per il male e più precisamente, in questo caso, per impedire a Semola di diventare re d’Inghilterra. I personaggi sono delineati con la consueta caratterizzazione disneyana, per cui il buono è buono e il cattivo è meno scaltro di quanto dovrebbe: infatti, Maga Magò esce sconfitta dal buffo e divertente duello con Merlino, proprio per mancanza di astuzia. Merlino, inoltre, ha un delizioso alter ego, che rappresenta anche la sua scorta di memoria, nel gufo Anacleto, gufo che sa leggere e parlare, collaboratore e talvolta vittima del mago, vecchio pennuto scorbutico, bisbetico e insofferente, ma molto divertente.
L’investitura a re avviene in modo del tutto inconsapevole da parte di Semola: fervono i preparativi per il torneo di capodanno, il vincitore del quale sarà di diritto re di tutta l’Inghilterra; Semola è entusiasta del suo incarico di scudiero di Caio, ma la mattina del torneo egli dimentica alla locanda la spada di Caio, così estrae da una roccia vicino alla chiesa la spada famosa e corre a portarla a Caio. Quando ci si accorge della differenza tutti accorrono a verificare che Semola abbia davvero diritto al trono. Semola diventa re e regna con la collaborazione del saggio gufo Anacleto. Semola, inadeguato e inesperto, necessita ancora dell’aiuto di Merlino, il quale torna dal XX secolo, e più precisamente da Honolulu con occhialoni da sole e scarpe da ginnastica: si realizza, quindi, una vera e propria commistione tra passato e futuro. Il film si conclude con il racconto della storia dei cavalieri della Tavola rotonda da parte del mago e quindi con un ulteriore rafforzamento degli elementi di fascino e mistero che attraversano l’intera pellicola. L’immagine dei cavalieri, però, appare depurata da tutto ciò che di crudele e sanguinoso li caratterizza. La spada nella roccia ci consegna un’idea di Medioevo cristallizzata nei suoi stigmi: a prevalere è, dunque, l’elemento magico, leggendario enfatizzato dal sapiente uso di colori e musiche; lo svolgimento di avvenimenti sacri, per così dire, e determinati dal destino è alleggerito dall’atmosfera ludica di cui il film si compone attraverso il ricorso, soprattutto, a personaggi comici che fungono da corollario. Non mancano all’interno della pellicola gli insegnamenti morali, come pure la dimostrazione dell’effettiva possibilità di realizzazione della scalata sociale, esemplificata mediante il passaggio di Semola dalla condizione di sguattero a quella di re.
Il film, pur non riferendo reali notizie storiche relative al Medioevo, introduce lo spettatore nell’affascinante mondo del ciclo arturiano, affinché, una volta sedotto, possa accedere alla conoscenza effettiva della storia. è possibile guardare a questo cartone animato come ad un divertente strumento di iniziazione che fornisce, più propriamente, la realtà che si è soliti attribuire al Medioevo senza riprodurne la veridicità storica. D’altronde questa modalità narrativa risulta pienamente confacente al genere fantastico a cui appartiene la pellicola; la natura di tale genere si pone quale obiettivo quello di solleticare l’immaginario dello spettatore facendo leva sul patrimonio culturale generalmente riconosciuto. In verità, il film, pur realizzato in origine per il pubblico dei più piccoli, si rivolge anche a spettatori adulti, la cui soglia di lettura certamente più ampia consente di cogliere aspetti meno scontati, per lo più riconducibili alla vis comica del film. Rilevante è l’immediatezza comunicativa offerta da dialoghi semplici e accattivanti e da immagini fiabesche in perfetto stile Disney. Il commento musicale che accompagna l'avventura di Semola è simpatico e comprende momenti celebri, va citato almeno il brano Higitus Figitus, cantato da Merlino mentre riduce tutti gli oggetti della sua dimora a dimensioni tali da farli entrare in una sola valigia. Il brano rientra nella categoria dei "vocaboli Disney", parole inventate di sana pianta, che riportano direttamente al film che le contiene.
Breve nota bibliografica
M. SANFILIPPO, Il Medioevo secondo Walt Disney.
Come l’America ha reinventato l’età di mezzo, Ed. Castelvecchi,
1998.
|
©2008 Anna Di Pasquale