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testo di Gaetano Pellecchia |
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(Henri V)
di Laurence Olivier, 1944
(Henri V)
di Kenneth Branagh 1989
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Laurence Olivier e Kenneth Branagh sono stati gli unici, finora, ad aver portato sullo schermo l’Enrico V, dramma storico di William Shakespeare. La realizzazione di due schede nettamente distinte per i due film rischiava di essere, a parere di chi scrive, una scelta dispersiva. Si è dunque ritenuto opportuno creare un’unica scheda in cui sono riportate, nell’ordine, le schede filmografiche di ciascun film, la recensione ed alcune proposte di lavoro corredate di opportuna bibliografia e filmografia. Per quanto riguarda la recensione, va precisato che essa non privilegia un’ottica comparativa, ma accorda maggiore importanza all’immagine di Medioevo che le pellicole trasmettono. Entrambi i film riportano la vicenda di Enrico V e della sua vittoria ad Agincourt contro i Francesi nel 1431 secondo la drammatizzazione fattane da William Shakespeare. Enrico V, succeduto a suo padre Enrico IV Bolingbroke sul trono d’Inghilterra, dichiara guerra alla Francia perché ritiene di aver diritto anche al trono di quel paese. Mentre fervono i preparativi per la guerra, il sovrano sventa una congiura di corte e apprende della morte di Falstaff, amico e guida di “vita” prima dell’ascesa al trono. Successivamente, sbarca in Normandia e assedia e costringe alla resa la piazzaforte di Harfleur. Sconfigge poi i Francesi nella battaglia di Agincourt. Da ultimo, sposa la principessa di Francia. «Può contenere, quest’angusta arena, / gli sconfinati campi della Francia? Possiam stipare a forza / in questo “O” di legno anche solo i cimieri che ad Agincourt fecer tremare il cielo? / Ah, perdonateci! Perché uno sgorbio da nulla / può, nel suo piccolo, rappresentare un milione / […] Immaginate che entro la cinta di questi muri / sian confinati due possenti reami / […] Supplite voi, col vostro pensiero, alle nostre carenze». Le parti del prologo dell’Enrico V di Shakespeare appena citate esplicitano il problema di qualunque tipo di narrazione storica, anche di quella specialistica, dichiarando la non riproducibilità degli eventi passati e facendo leva sul potere evocativo della parola (scritta e parlata). Ricostruire e far assistere gli spettatori teatrali a dialoghi, incontri, retroscena, viaggi, assedi e battaglie di famosi eventi storici è impresa impossibile. E col cinema? Tecnicamente, il cinema offre molte possibilità in più, anche se sempre di finzione si tratta. Il cinema è fra le arti quella che più facilmente procura l’illusione di riproduzione della realtà, anche del passato. Laurence Olivier, quindi, porta sullo schermo uno dei più famosi drammi storici di Shakespeare con il duplice intento di attenersi il più possibile al testo shakespeariano e di utilizzare il cinema per ovviare a quelle parti del dramma non realizzabili in teatro. Olivier ambienta il film in quelli che furono, forse, il luogo e la data della prima rappresentazione dell’Enrico V: Londra, Globe Theatre, 1 maggio 1600. Gli studiosi, infatti, tendono a collocare fra il 1599 e il 1600 la stesura e la prima rappresentazione dell’Enrico V. In ogni caso, il film scorre sul doppio binario della commistione fra cinema e teatro e della storia nella storia. L’espediente della rappresentazione al Globe permette a Olivier di accentuare la sua “fedeltà” al testo shakespeariano, sfruttando in tal senso le potenzialità del mezzo cinematografico, e di mostrare uno spaccato sul modo di fare teatro nel periodo in cui visse e operò Shakespeare. Sarà bene soffermarsi su tali aspetti. La “fedeltà” al testo è riscontrabile nel rispetto della trama e nell’uso delle battute del testo teatrale. Ma l’espediente adottato da Olivier significa che il punto di vista sul passato (prima metà del XV secolo) è più che mai quello di Shakespeare. Non solo perché il testo e la ricostruzione storica sono quelli di Shakespeare, ma anche perché la messa in scena “filologica” al Globe Theatre significa riprodurre sulla scena il Medioevo così come lo si faceva nel 1600. Dato questo contesto, il mezzo cinematografico si sostituisce allora, nelle intenzioni di Olivier, all’immaginazione ed alla fantasia di cui nel prologo. La finzione cinematografica permette di visualizzare quegli spazi e quelle vicende, soprattutto la battaglia di Agincourt, che il teatro non può contenere. La ricostruzione fatta da Shakespeare delle vicende che portarono Enrico V a battere i Francesi ad Agincourt e ad ipotecare la corona di Francia contiene diverse omissioni: fazione borgognona che chiama gli inglesi, Carlo VI di Francia assente a Troyes, Delfino assente ad Agincourt, ecc. E ancora di omissione o, meglio, rimozione si deve parlare a proposito del corteggiamento finale di Enrico V a Caterina di Francia. L’elegante ed arguto scambio di battute fra i due non ha mai avuto luogo (perlomeno non in quei termini). La principessa era il “bottino”, l’ipoteca sul trono francese di Enrico V: anche se riottosa, Caterina era obbligata a cedere alle lusinghe. Queste omissioni, però, non vanno lette per evidenziare la non aderenza alla realtà dei fatti (si ricordi il Prologo!): esse sono funzionali all’intreccio, alla messa in scena del dramma ed agli obiettivi che Shakespeare si prefiggeva. L’intero Enrico V si caratterizza per il patriottismo, per la preoccupazione a legittimare ogni mossa del sovrano - la “legittimità” fu uno dei cardini della politica di Elisabetta I e Giacomo I, regnanti al tempo di Shakespeare -, per l’atteggiamento “popolare” del sovrano inglese, a differenza di quello francese. Ne vien fuori l’immagine di un sovrano forte, giusto, autorevole, timorato di Dio, guida della “nazione”, sensibile alle conseguenze della politica regia sul popolo. Esattamente quello che in Inghilterra vogliono il pubblico e il re agli inizi del XVII secolo. Questo l’Enrico V cui Olivier dà vita. L’immagine di Enrico V sovrano “nazionale” viene ulteriormente esaltata da un aspetto che, presente nel testo teatrale, scompare nella trasposizione cinematografica. Nel testo teatrale, infatti, il carattere unificante e, al tempo stesso, rispettoso delle diverse etnie regionali della monarchia di Enrico V risalta dalle diverse pronunce regionali (gallese, scozzese, irlandese, ma anche l’“asettico” inglese) che connotano il linguaggio degli ufficiali di Enrico V. Si tratta di un aspetto che la versione cinematografica (perlomeno nel doppiaggio italiano) non restituisce. Ma la presenza di lingue regionali è anche un prezioso indicatore del plurilinguismo delle società medievali.
Kenneth Branagh accetta in pieno la sfida del prologo, tanto è vero che lo fa recitare in un set cinematografico vuoto. Il suo Enrico V è la trascrizione cinematografica dell’omonimo dramma storico di Shakespeare, del quale mantiene l’intreccio e i dialoghi. A mantenere il legame con l’origine teatrale della vicenda è la presenza del Coro (un bravo Derek Jacobi) che fa da guida allo spettatore, ma è fin troppo evidente lo scarto fra le battute teatrali e lo svolgimento dell’azione: incontri, messaggerie, battibecchi, battaglie si sviluppano sotto l’occhio dello spettatore, anche se le scelte stilistiche di Branagh, in parte condizionate dei mezzi modesti con cui è stato realizzato il film, sembrano giustificare quelle limitazioni rappresentative di cui nel prologo. Branagh usa poco i campi lunghi e per niente panoramiche di grande impatto visivo, tipiche delle sequenze di battaglia. In ogni caso, Branagh realizza un film di grande impatto emotivo. La predominanza di tinte cupe, una recitazione passionale e sanguigna, il montaggio spesso serrato, la scelta di concentrarsi sul vissuto quotidiano degli eserciti in guerra, valorizzando determinati episodi del testo shakespeariano (furti al campo di battaglia, impiccagione di Bardolfo, ecc.), fanno emergere il volto duro e crudele della guerra, di ogni guerra. Pur mantenendo un’adesione di fondo al testo teatrale, e quindi all’immagine di Enrico V voluta da Shakespeare, Branagh porta la figura del sovrano inglese ad un livello meno regale e più umano, più sofferto. In sintonia con questa interpretazione dell’Enrico V, è l’emergere, a tratti, di un Medioevo popolaresco, plebeo e fatalista, esemplificato dalle sequenze della morte di Falstaff e da quelle in cui compaiono i vari personaggi che a quest’ultimo sono collegati (Enrico V compreso!). Questo aspetto del Medioevo, però, deve restare marginale, perché Enrico V è anche la storia di un ex giovane principe che diventato re, per rispetto del suo ruolo, rifiuta il suo passato di giovane gaudente che amava circondarsi di popolani. Proposte di lavoro 1 - La battaglia di Agincourt fu uno degli episodi più importanti della guerra dei Cento anni. Al cinema, la parte inglese e quella francese sono rappresentate, rispettivamente, da Enrico V e Giovanna d’Arco. Si propone di analizzare e confrontare i film relativi ai due personaggi in relazione all’immagine che in ogni film si trasmette dell’avversario di turno. 2 - Si propone di confrontare quanto rilevato dalla storiografia sulla battaglia di Agincourt (forze in campo, armamenti, strategie e tattiche adottate, sviluppi della battaglia) con quanto emerge dai film di Olivier e Branagh, nonché dalla loro fonte: William Shakespeare.
Per la realizzazione di entrambe le proposte di lavoro, si consiglia di usare: V. ATTOLINI, Immagini del Medioevo nel cinema, Bari 1993; E. Martini (a cura di), Ombre che camminano. Shakespeare nel cinema inglese; C. SALIZZONI, La storia e il cinema: il Medioevo, Trento 1999; sull'immagine di Enrico V sovrano nazionale cfr. WILLIAM SHAKESPEARE, Enrico V, introduz. di Nemi d’Agostino, prefaz., traduz. e note di Andrea Cozza, Milano 2002, p. 240, n. 69, e p. 241, n. 75. Nella filmografia su Giovanna d’Arco vedi almeno il film di Luc Besson.
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©2008 Gaetano Pellecchia