Il castello delle ombre a cura di Vito Attolini |
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Le recensioni di Vito Attolini |
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Season of the
Witch
Interpreti: Nicolas Cage, Ron Perlman, Stephen Graham, Stephen Campbell, Ulrich Thomsen – USA, 2010
Definire storico un film come L’ultimo dei Templari è piuttosto azzardato, tanti sono i luoghi comuni che ne sono alla base. Ancora un Medioevo, in buona misura immaginario, ricco di quegli stereotipi che ne accompagnano spesso la rappresentazione nel cinema. Di nuovo spetta a Nicolas Cage – mediocre come al solito – riproporre il personaggio di un Templare, Behmen (ci aveva bazzicato, in versione moderna, in Il mistero dei Templari). Questa volta, in costumi d’epoca è un crociato stanco dei massacri cui ha dovuto partecipare in Terrasanta in nome della fede, al seguito delle Crociate (ma il film si svolge a metà del XIV secolo, ai tempi della peste nera, quando non si può più parlare più di Crociate come comunemente le si intende e l’Ordine dei Templari era stato soppresso qualche decennio prima dei fatti narrati nel film). Col più disincantato Felsen (Ron Perlman) Behmen ha deciso di fare marcia indietro, disertando per ritornare in patria. Il ritorno rivela ai due una realtà non meno drammatica di quella che hanno lasciato, e a questa si aggiunge una minaccia di denuncia di diserzione da parte di un Cardinale, che induce i due ex crociati, in cambio del silenzio e dell’impunità, ad accettare un’impresa impegnativa: accompagnare una ragazza accusata di stregoneria in un lontano monastero dove sarà sottoposta ad un trattamento di esorcismi vari da parte degli addetti ai lavori. In parte contraddicendo la fama di maestra di malefici, la ragazza-strega ha modo di rivelare una natura ambivalente, ora dolce ora aggressiva, che sconcerta non poco chi, come Behmen, crede che ella più che altro sia una vittima dei pregiudizi del suo tempo. Ma avrà modo di ricredersi.
La stregoneria è un chiodo fisso dei film sul Medioevo (qui c’è anche un prologo sul tema ambientato un secolo prima) forse perché a un certo punto essa incrocia la strada dell’horror in versione fantasy. Non fa eccezione questo film, che svela le sue carte nella sequenza finale quando è data licenza a mostri e demoni vari di sbizzarrirsi come meglio pare loro ai danni degli intrusi, nonostante solerti esorcisti si affannino a recitare apposite giaculatorie al fine di allontanarli. A leggere in controluce questo film ci si accorge che è fatto di una serie di strati, ciascuno dei quali rimanda a diversi generi cinematografici (e a qualche capolavoro che prende spunto da un’analoga vicenda: Bergman, Bresson, si parva licet….): quello horror derivato dal famoso Esorcista risulta ovviamente predominante. Ma l’accidentato itinerario per raggiungere il monastero, con gli accompagnatori della strega (lungo la strada si sono aggregati un prete dalla fede indistruttibile, un giovane aspirante cavaliere in cerca di avventure che lo legittimino all’ordine della cavalleria nonché un nobile la cui famiglia è stata distrutta dalla peste) somiglia tanto ai western incentrati sulla stessa situazione: qui all’attacco degli indiani si sostituisce quello dell’assalto di un branco famelico di lupi, fino all’ultima tappa del viaggio, la più emozionante, col passaggio su un traballante ponte di legno marcio, sospeso sull’abisso, che cederà solo quando tutti saranno in salvo, prima della terribile prova finale animata da mostri e demoni vari. L’amalgama dei diversi ingredienti, di per sé non banale, cede qui alle ambizioni puramente mercantili di un film che tende più che altro ad accumulare colpi di scena fino alla “battaglia” finale.
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©2011 Vito Attolini; recensione pubblicata in "La Gazzetta del Mezzogiorno"