Il castello delle ombre a cura di Vito Attolini |
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Le recensioni di Vito Attolini |
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The last legion
Interpreti:
Colin Firth, Aishwarya Rai, Ben Kingsley, Iain Glen, Thomas Sangster, Rupert Friend – USA,
2007
La spada nella roccia, cara a tanti film medievaleggianti, viene da lontano, da molto lontano, essendo appartenuta nientemeno che a Cesare. Ce lo dice questo film che, chissà, vorrebbe mettere forse un punto fermo nella soluzione sulle origini di uno dei miti più cari alle leggende della Tavola Rotonda di Re Artù. Il quale, altra scoperta di questo film, sarebbe il figlio di Romolo Augustolo, ultimo imperatore romano, che nel 476 d.C. dovette soccombere (ma era appena adolescente) al barbaro Odoacre, disceso con i suoi goti alla conquista dell’Italia. Come vedete, storia e fantastoria si intrecciano in disinvolta commistione in questa movimentata vicenda, che non consiglieremmo comunque come “sussidio” audiovisivo (come si diceva una volta) ai corsi scolastici sulla storia romana (se ancora si studia). Dietro questa operazione c’è come produttore Dino De Laurentis, nonché Massimo Valerio Manfredi - lo storico dell’antichità (coi capelli bianchi a caschetto) che vediamo spesso sul piccolo schermo raccontarci storie greche o romane o medievali con affabile scorrevolezza - da un libro del quale è ispirato questo film. L’ultima legione di Doug Lefler racconta l’episodio avvenuto nell’ultimo scorcio del quinto secolo, quando crollò definitivamente l’impero romano, dopo l’incoronazione, ma solo per poco, di Romolo Augustolo che vide morire sotto i suoi occhi il padre Oreste (Iain Glen), da cui ereditò il trono, nel corso dell’assalto alla Città Eterna da parte delle orde di Odoacre, abile condottiero e uomo politico quanto spietato guerriero. A Romolo non resta che fuggire lontano, con l’aiuto anche del mago Ambrosinus (Ben Kingsley) che poi si rivelerà come Mago Merlino, e rifugiarsi con i superstiti fedeli dell’Impero romano in una fortezza che si erge a picco sul mare, accompagnato e protetto dal leale comandante Aurelio (Colin Firth), cui in punto di morte Oreste aveva affidato il suo imberbe successore.
A
dare man forte ad Aurelio nelle avventurose scorribande, c’è la
barbara Mira (Aishwayra Rai), metà maga metà soldato, che
costituisce il necessario pimento per le fantastoriche bizzarrie di L’ultima
legione. Ma Odoacre è sempre un pericolo incombente, che potrebbe
essere sventato dall’imperatore bizantino se questi non ritenesse
infine più fruttuosa politicamente l’alleanza col generale goto. La
lontana Britannia, raggiunta dopo molte traversie da Romolo e dai suoi
guerrieri, sarà il cruento palcoscenico dello scontro finale fra la
legione formata dalle ultime truppe fedeli all’impero romano e il
nemico. Più che nel territorio del peplum, di veneranda memoria cinematografica nostrana, siamo in quello instaurato da qualche anno con le sontuose ricostruzioni storiche dell’antichità (Il gladiatore, Troy) oggetto di innesti eccentrici: primo fra tutti la leggenda arturiana rinverdita dall’immaginario tolkieniano del Signore degli anelli, divulgato, quest’ultimo, dal mastodontico kolossal in tre parti di Peter Jackson. Ciò costituisce un lasciapassare per le licenze storiche che Doug Lefler, regista di estrazione televisiva, si è preso, ma che tuttavia sul piano dello spettacolo reggono bene la partita. Non
manca il messaggio pacifista finale, quando il giovane Romolo
Augustolo, dopo aver saggiato nel corso dell’ultimo scontro col
nemico la forza invincibile della spada di Cesare, che egli ha scovato
dopo molti secoli sepolta in una grotta inaccessibile, la lancia in
aria, lontano, quasi a scongiurare altre guerre, fin quando essa si
conficca nella fatidica roccia e noi leggiamo sulla lama acuminata e
lucente il suo nome, Excalibur.
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©2007 Vito Attolini; recensione pubblicata in "La Gazzetta del Mezzogiorno"