Il castello delle ombre a cura di Vito Attolini |
|
Le recensioni di Vito Attolini |
|
Al-Massir
Interpreti:
Noul Le
Sherif, Lalla Eloul
– Francia-Egitto, 1997
Rara avis, un film egiziano è penetrato nel nostro impermeabile circuito cinematografico, forte della calorosa accoglienza nonché del premio della giuria conquistatosi lo scorso anno al festival di Cannes. Non fosse che per questo solo motivo meriterebbe l'attenzione del pubblico un film che nell'opera complessiva del più importante regista egiziano occupa nientemeno che il trentottesimo posto. Il destino è un film storico perché racconta un episodio della vita di Averroè, filosofo del Medioevo arabo che nei libri di testo del liceo abbiamo incontrato come importante "divulgatore" nella cultura del suo tempo del pensiero di Aristotele.
FONDAMENTALISMO ISLAMICO Ma non si pensi che Il destino sia una storia "retrospettiva", tutta girata cioè con l'occhio rivolto al passato: de te fabula narratur, potrebbe infatti dire il regista allo spettatore cui principalmente il suo film si rivolge, questa storia cioè ti riguarda direttamente. Infatti ciò che vi si racconta somiglia terribilmente a quanto oggi sconvolge il mondo arabo con gli spaventosi episodi di eccidi di massa dettati dal fanatismo dei fondamentalisti. La pretesa di questi di imporre il "verbo" ai fedeli, considerando perciò infedeli tutti gli avversari, è resa esplicita dalla sequenza iniziale, apparentemente staccata dal contesto generale del film: un rogo di libri in un paese della Linguadoca del XII secolo, secondo un rituale che era destinato a ripetersi nei secoli successivi, fino al nostro ormai giunto al traguardo. Il rogo come "soluzione finale", ultimo passo da compiere perché non resti traccia di ogni forma di pensiero scomodo (una censura spinta alla sua logica conclusione, quindi) e obiettivo agognato da ogni forma di integralismo: cieco per definizione e implacabile nel perseguire i suoi fini. LA TRAMA Averroè ne fu vittima illustre nella Cordoba del dodicesimo secolo, laddove il mondo arabo si incontrava con le prime avvisaglie di quello occidentale. Caduto in disgrazia presso il califfo Al Mansour a causa dei bassi intrighi di corte alimentati da una setta di oltranzisti che ispiravano la loro azione al Corano di cui intendevano imporre una lettura pedissequa quanto infedele nella sostanza, Averroè impegnò tutta la sua energia nel contrastarne le nefaste conseguenze, opponendo una interpretazione del testo sacro guidata dalla tolleranza e dalla ragione. Il risultato fu invece quello cui mira ogni regime intollerante: il rogo delle sue opere. Ma un gruppo di solerti discepoli del pensatore scongiurò il pericolo della dispersione ricopiando meticolosamente i testi scritti dal maestro e mettendoli in salvo oltre i confini del paese. E il mondo arabo può così ancora gloriarsi dell'opera filosofica di Averroè.
SPETTACOLO E IMPEGNO Non si pensi, come s'è detto, ad un film storico, almeno secondo la comune accezione. Per apprezzarlo occorre sintonizzarsi su modi un po' lontani dalla nostra esperienza di spettatori, onde evitare delusioni o scontento. Assimilarlo cioè ad una sensibilità, qual è quella del pubblico cui è principalmente indirizzato, che ama la mescolanza di più generi cinematografici senza quel sofisticato intellettualismo che caratterizza ananoghe operazioni pure praticate nel cinema occidentale. è così che si passa dal dramma alla commedia al racconto rosa al film musicale con una spregiudicatezza che rende a suo modo coinvolgente Il destino. Nel quale spunti del pensiero del filosofo si mescolano alla storia d'amore del figlio del califfo per una bella gitana, le spedizioni punitive dei fondamentalisti alle oscure trame di vendetta e alle macchinazioni politiche. Ma del film bisogna cogliere ed apprezzare soprattutto il forte impegno civile che sottende una storia di cui oggi assistiamo a cruente repliche, in un mondo lacerato da conflitti insensati. E solo per questo motivo Il destino è un film da raccomandarsi ad un pubblico che ci auguriamo non abbia smarrito il valore di denuncia che il cinema ha fra i suoi fini più importanti.
|
©2003 Vito Attolini; recensione pubblicata in "La Gazzetta del Mezzogiorno"