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di Lilly Lazzarini (Cuccu'ssétte)
Dungeons and Dragons
(cartoon, serie tv)
1983-1985
Calarsi nei panni di un eroe leggendario, vivere avventure emozionanti in un mondo al di là di ogni immaginazione insieme ai propri amici, con l’aiuto di qualche foglio di carta, dadi e tanta fantasia… è quanto promette l’esperienza del gioco di ruolo. Ciascun giocatore assume il ruolo di un personaggio, i cui pregi, difetti e abilità sono stabiliti da tiri di dadi. C’è un direttore di gioco, detto Master, che attraverso descrizioni di situazioni, luoghi, eventi, interpretando a sua volta personaggi diversi, dà vita a una sorta di sceneggiatura molto flessibile. Come nella Commedia dell’Arte, i personaggi seguono stereotipi, però viene dato spazio all’improvvisazione e all’estro individuale. A differenza di un copione teatrale, ben definito ed immutabile, l’interattività è fondamentale e le scelte dei protagonisti possono modificare gli eventi futuri. Il più famoso dei giochi di ruolo è il Dungeons and Dragons, creato nel lontano 1974 da Gary Gygax. L’ambientazione è fantasy, con molti riferimenti al Medioevo reale: i personaggi sono avventurieri spinti dalle più diverse motivazioni, equipaggiati con armi bianche ed armature, oppure dotati di poteri magici. Vivono in un mondo privo di tecnologia moderna, costellato di piccoli villaggi, città turrite, fortezze e castelli con sotterranei misteriosi, popolato da creature bizzarre e pervaso dalla magia. A Dungeons and Dragons è stata dedicata una serie televisiva a cartoni animati, composta da ventisette episodi, trasmessi dalla CBS dal 1983 al 1985. è stata realizzata dalla Marvel Production e dalla T.S.R., la casa editrice che ha dato vita al più famoso gioco di ruolo, ed almeno in parte rispetta l’ambientazione voluta da Gary Gygax. Un gruppo di amici si reca al Luna Park e visita un’attrazione speciale, il tunnel del Dungeons and Dragons. I sei ragazzi si imbarcano su un vagone che scorre su rotaie e si godono le diverse attrazioni, tutte ispirate al famoso gioco di ruolo. Si divertono fino a quando la vettura scivola in un vortice magico e si ritrovano di colpo in una dimensione parallela, illuminata da quattro soli colorati. Appare un anziano gnomo, il Dungeon Master, si presenta come guida e dona ai ragazzi alcune armi magiche, necessarie per sopravvivere in un mondo tanto ostile. Bobby il barbaro riceve una clava capace di frantumare la roccia, Hank l’arciere un arco che scocca frecce di energia, Diana l’acrobata un bastone che si estende e le permette di saltare in alto, Sheila la ladra ha un mantello che la rende invisibile, Presto il mago un cappello da cui può estrarre oggetti, Eric il cavaliere uno scudo indistruttibile. I ragazzi sono costretti a vagare in un mondo popolato dalle creature più fantastiche e pericolose, alla ricerca di una magia che li riporti a casa.
La grafica
che contraddistingue le immagini è quella tipica delle produzioni
americane, resa più accurata dal lavoro della Toei Animation. Come
nei quadri della pop art, dominano i colori squillanti, il design
dei personaggi è bidimensionale ma accattivante, gli sfondi sono
semplici quanto efficaci. L’avversario principale è Venger, un terribile stregone che desidera appropriarsi delle armi magiche del gruppo per divenire invincibile e dominare il reame. Questo villain compare in parecchi episodi; è una presenza ricorrente, ma non è l’unico pericolo fronteggiato dai nostri. Verosimilmente, Venger ha alleati e servitori, oppure ci sono altre difficoltà che ostacolano il cammino dei sei amici. Le creature che appaiono nel corso delle avventure sono tutte ispirate all’universo nato dalla fervida fantasia di Gary Gygax. Ci sono lumache giganti, unicorni, ombre, orchi, pixies, golem di pietra, beholder, goblinoidi, gargoyle, uomini lucertola… e molti altri esseri bizzarri ben noti agli appassionati del gioco di ruolo. Parecchie sequenze sono ironiche, non solo perché il gruppo è invincibile ed è equipaggiato in modo improbabile. Alcuni mostri sono fifoni, ci sono cavalieri che rivaleggiano in codardia con il Sir Robin dei Monthy Python, la clava del piccolo barbaro taglia le spade come se fossero grissini, gli orchi palpeggiano la ladra, Eric in prigione legge i fumetti dell’Uomo Ragno, e ci sono le magie strampalate del cappello di Presto che evoca oggetti spesso inutili e crea vere e proprie gag.
Le
situazioni più disperate vengono risolte con l’astuzia, sfruttando
sempre le caratteristiche speciali degli oggetti magici. I
personaggi disarmati sembrano inetti, incapaci di sopravvivere in un
mondo tanto diverso da quello d’origine. La ladra confida unicamente
nel suo mantello dell’invisibilità, tanto che le serrature vengono
di norma sfondate dalla clava del barbaro. Nessuno si preoccupa di
spiegare come mai i protagonisti non possano rimpiazzare gli
artefatti con un comune arco di legno, con un randello o un bastone,
o uno scudo qualsiasi, piuttosto che trovarsi a combattere a mani
nude. E’ una scelta che tradisce le aspettative dei giocatori più
esperti, ma avvicina i protagonisti ad altri eroi resi popolari da
fumetti e cartoni animati. In diverse occasioni la serie si concede
grosse licenze rispetto al regolamento del gioco; quasi sempre si
tratta di adattamenti che lo semplificano, stimolando la curiosità
dei neofiti. Gary Gygax in persona ha lavorato al progetto di trasformare il suo gioco in una serie animata rivolta ai più giovani. La necessità di avvicinare i preadolescenti al gioco e la censura dettata dalla mentalità puritana hanno costretto gli sceneggiatori ad apportare pesanti modifiche alle ambientazioni originarie. Scompaiono i personaggi del chierico e del paladino, eroi che basano il loro potere sulla fede in una divinità. La scelta è comprensibile poiché è difficile presentarli senza creare equivoci tra credi reali e culti creati ad hoc per giustificare miracoli e guarigioni. Ancora oggi negli Stati Uniti estremisti cristiani accusano il gioco di ruolo di spingere la gente verso il paganesimo, l’occultismo o il satanismo, e a suo tempo il cartoon venne aspramente criticato. Spiegare che i personaggi non sono i giocatori, e impersonare un ruolo non equivale a trasporre la mentalità del personaggio nella vita reale ma è un po’ come recitare, è uno sforzo che gli autori hanno evitato accuratamente. Hanno scelto la soluzione più immediata, ovvero abolire eroi dotati di poteri mistici. Ovviamente c’è l’eterna lotta tra il Bene e il Male, come in ogni fiaba che si rispetti, ma ogni riferimento alla religiosità viene lasciato da parte. Tutti gli avversari perdono gran parte degli attributi divini attribuiti loro nell’ambientazione originaria: il dragone Tiamat, ispirato alla mitologia babilonese, diviene ‘soltanto’ un grosso drago a cinque teste, la dea degli Elfi Oscuri Lloth è ‘solo’ la regina dei ragni… Nonostante l’autocensura, ogni tanto le cripte ospitano gli spiriti di valorosi guerrieri defunti, le paludi sono infestate da zombie affamati di carne umana, spettri escono da specchi incantati. Compare anche uno scheletro guerriero senziente, simile al famigerato Lord Soth della saga Dragonlance, ma stavolta è destinato a redimersi e tornare in vita dopo secoli di pena.
La magia
c’è, è potente e pericolosa ed è un elemento indispensabile in una
saga fantasy; era impossibile eliminare anche le stregonerie e
mantenere una seppure minima fedeltà all’ambientazione. Senza palle
di fuoco, dardi incantati, fulmini magici, e tanti altri
incantesimi, Dungeons and Dragons sarebbe stato
irriconoscibile. Inoltre gran parte della fiabe raccontano di
incantesimi: mele avvelenate, fusi fatati, spade magiche, zucche
trasformate in carrozze… Sono elementi radicati nell’immaginario di
tutti i bambini, che amano sentir raccontare vicende incredibili e
le apprezzano pur sapendo che non sono reali. Il dualismo tra la fedeltà alle regole del gioco e l’esigenza di realizzare un cartone animato adatto ai giovanissimi permane irrisolto: probabilmente è il punto debole della serie Dungeons and Dragons. Se è vero che i bambini ascoltano volentieri storie di magia e spesso intervengono nella narrazione apportando le loro variazioni, è altrettanto vero che gran parte delle fiabe sono state adattate per loro, eliminando finali tragici o particolari crudi. I racconti dei Fratelli Grimm sono storie che la gente raccontava nelle veglie attorno al fuoco, sono nate per intrattenere gli adulti; Hans Christian Andersen era uno scrittore romantico e ha creato vicende cupe, con buona pace delle rivisitazioni disneyane. Qualcosa di analogo avviene con le ambientazioni fantasy, romanzesche oppure ludiche: vivono di situazioni verosimili, di personaggi costruiti a tutto tondo, di senso di meraviglia e di una minima dose di violenza oppure orrore. Dungeons and Dragons è un gioco adatto a adolescenti e adulti desiderosi di essere affabulati dalla narrazione, il divertimento si basa sulle capacità di astrazione dei giocatori, oltre che sulle doti interpretative. Le regole complesse su cui è basato richiedono letture approfondite e una certa dose di pazienza per essere apprese, sono diverse da quelle di un boardgame che in pochi minuti raduna al tavolo una decina di persone. Le caratteristiche stesse del gioco di ruolo limitano la diffusione tra i più piccoli, eppure il cartoon si rivolge proprio a loro…
Con tutti i limiti tipici di una serie animata, alcuni personaggi godono di una buona caratterizzazione. Di solito i bambini giocano facendo finta di essere eroi sempre vincenti, privi di difetti; la forza degli eroi del Dungeons and Dragons nasce piuttosto dalle debolezze che manifestano. Non è un caso se i personaggi più riusciti della serie sono proprio quelli penalizzati da difetti. Presto il mago è un ragazzo insicuro, oggetto degli scherzi dei compagni più smaliziati, goffo. è il classico nerd, simile a tanti giocatori che trovano nel Dungeons and Dragons un interesse comune ed un’occasione di incontro. Riesce a estrarre svariati oggetti dal suo cappello, ma padroneggia a fatica il suo potere. Compaiono oggetti inutili, oppure oggetti di uso quotidiano che stridono con il contesto fantasy e creano situazioni degne di una slapstick comedy. è memorabile anche il cavaliere. Nella vita d’ogni giorno era il rampollo di una famiglia alto borghese, da cavaliere conserva tutti i vizi tipici della sua condizione privilegiata. Talvolta è egoista, più spesso sottovaluta i suoi avversari oppure è convinto di poter risolvere ogni pasticcio con le monete d’oro. Ogni sua azione eroica è mossa da ideali poco nobili: il desiderio di tornare a casa, la necessità di ricevere aiuto dai compagni, la voglia di affermarsi. è il personaggio meno simpatico, ed è anche quello più umano, sarcastico e pronto a ribellarsi a un destino che non si è scelto. La donna invisibile invece ha un carattere fragile, è poco portata per l’eroismo e cerca rassicurazione nei compagni. Dovrebbe rappresentare il personaggio del ladro, un guerriero agile e furtivo che evita lo scontro diretto, sa scoprire le trappole e scassinare le serrature, e può all’occorrenza rubare. Sheila di rado sfrutta le abilità proprie di quel ruolo: si limita a apparire e scomparire, riapparire davanti ai nemici, insultarli e scomparire nuovamente, attirandoli verso qualche tranello. Il piccolo barbaro è impulsivo e curioso, e non si separerebbe mai dal suo animale domestico, un puledro di unicorno chiamato Uni. Si tratta di un eroe improbabile, inserito per conquistare gli spettatori ancora più giovani. L’arciere e l’acrobata al contrario sono i due protagonisti che meglio si adattano alla nuova condizione; sembrano più maturi dei compagni, e più abili con le armi. Anche se sono i leader naturali del gruppo, sono anche i personaggi più prevedibili e bidimensionali. Come in parecchie serie animate fantasy realizzate in quegli anni, manca una conclusione vera e propria. Nel corso delle avventure il gruppo ha avuto più di un’occasione per fare ritorno al luna park, attraversando cancelli magici, attivando incantesimi o sfruttando il potere di antiche reliquie. Ogni volta per vari motivi il desiderio dei ragazzi non si concretizza e l’ultimo episodio lascia gli eroi al punto di partenza. Con animo sognante si potrebbe pensare che poco a poco i giovani eroi hanno preso coscienza della loro condizione, l’hanno accettata e magari inconsciamente preferiscono vivere nel nuovo mondo, più pericoloso ma anche molto più affascinante della vita di ogni giorno. Con maggiore concretezza, si può accomunare la sorte di Dungeons and Dragons a quella toccata ad altri cartoni del genere, da Gli Erculoidi a I Dominatori dell’Universo. Nonostante il successo tributatogli in tutto il mondo i costi elevati di produzione hanno portato alla cancellazione del programma. Forse anche la censura ha decretato la fine delle variopinte avventure: alle accuse degli integralisti si sono sommate le proteste di alcuni genitori preoccupati per la violenza del cartone animato. Esiste una sceneggiatura dell’ultimo episodio, è stata diffusa in rete, tuttavia non è stata mai trasposta sullo schermo. Ancora oggi Dungeons and Dragons riscuote l’affetto dei fan, che rivivono piacevoli ricordi della loro infanzia oppure sorridono ripensando alle proprie esperienze ludiche.
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©2012 Lilly Lazzarini